La formazione e le metafore

contributo di Gabriele Tosato

La formazione fa un uso continuo ed esplicito delle metafore: può essere utile ragionare su di esse per riflettere sui suoi temi, quali l’idea di formatore, l’attività della formazione, gli utenti, il ruolo e la cultura della tecnologia, le organizzazioni. Le metafore sono infatti spia dei pensieri profondi, sia nel senso di nascosti e da scovare, sia nel senso di “di sfondo”, cioè che forniscono l’organizzazione generale dei quadri concettuali, di emozione e di azione.

Ho raccolto le metafore pronunciate durante il convegno. Elencarle però non è sufficiente: importante è riconoscere il ruolo che ciascuna gioca nel pensiero collettivo prodotto dal convegno. Per farlo, ho organizzato le metafore in aree: sono state raggruppate secondo l’omogeneità concettuale tra esse rintracciabile, dotate di un titolo, e poi riportate in una mappa. Una sintesi che non è certo l’unica possibile, ma che deve servire anzi da provocazione.

Di seguito illustrerò i criteri di costruzione della mappa; descriverò poi per brevi punti le metafore impiegate, tralasciando approfondimenti. La mappa vuole essere esplorata con l’occhio, perché è la fruizione della mappa – più delle spiegazioni riportate di sotto – che consente di rendersi consapevoli dei diversi ruoli giocati da ciascuna metafora. Questa mappa è solo una delle possibili mappe – o delle possibili sintesi fatte con altro mezzo. Chi è più esperto di me di formazione saprà vedere, rielaborare e integrare.

(è possibile cliccare sulla mappa per ingrandirla)
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Come è stata costruita la mappa? Mi è sembrato possibile riassumere le aree di metafore sotto due poli, due principali paradigmi: la formazione come aggiunta/addizione, cioè scoperta di ulteriori conoscenze e abilità; e la formazione come elaborazione dell’esistente. Entrambi perseguono il nuovo e il creativo, ma in modi diversi. A sinistra è collocato il paradigma dell’elaborazione dell’esistente: qui troviamo l’idea neoplatonica dell’emergere della forma dall’informe; e troviamo l’idea medica di cura. All’opposto, a destra, c’è il paradigma dell’addizione: dominato dalle metafore spaziali – e in particolare di esplorazione – così importanti nella nostra mentalità moderna segnata da Colombo e Magellano. Nella fascia centrale della mappa le metafore biologiche tengono assieme legame con l’esistente (radici e terreno) e addizione (l’innalzarsi e crescere della pianta): la collocazione intermedia segnala appunto un’affinità con entrambe.

I colori hanno la funzione di rendere immediatamente riconoscibili le aree di metafore; ma servono anche a indicare ulteriori fenomeni metaforici. Così, si rendono palesi i microintrecci tra metafore di aree confinanti («la formazione agisce su zone grigie, | da esplorare a tastoni in modo psicofisico»); si segnalano l’integrazione concettuale di un’area con un’altra assai distante («… la cosa più importante è stata saper far emergere nell’utenza stessa | la domanda di formazione»). Infine, in alcuni casi la vicina collocazione di espressioni di colore diverso segnala una parentela concettuale («non sedersi nell’implicito del proprio vissuto» significa “non stare fermi”: è dunque vicina alle metafore di movimento).

Le metafore spaziali sono probabilmente il motore dei ragionamenti sulla formazione; l’immagine scelta a icona di questo convegno ne è senza dubbio un prodotto. Imprescindibili, e perciò stesso potenzialmente pericolose: più coincidono con il concetto stesso di formazione, più rischiano di costituire una gabbia dalla quale non si riesce a uscire, smettendo di generare senso (esprimo qui una lettura mia).

La “formazione” non è l’unico concetto su cui ragionano queste metafore: lo è anche l’idea di “formatore” – e con essa le idee di “utente/apprendente” e del “rapporto utente-formatore” (“organizzazione” e “tecnologia” emergono – purtroppo – quasi accidentalmente). Mentre in passato era abito comune che un’azienda si prendesse cura della crescita del proprio personale, è tendenza odierna una sempre maggiore responsabilizzazione degli apprendenti, quasi lasciati a un percorso privato di apprendimento (“evaporazione del padre”); allo stesso tempo, il formatore si scopre apprendente nel processo stesso della formazione; e la formazione si svolge in modo cooperativo.

Sono le metafore relazionali quelle che principalmente elaborano i concetti di formatore, apprendente e del loro rapporto. Proprio perché toccano soprattutto il concetto di “formatore” e meno il concetto di “formazione”, sono riconducibili solo in parte, debolmente, alla dicotomia esistente-addizione. Per questo sono state messe trasversalmente nel basso della mappa, anche se per alcune di esse è possibile ricercare una collocazione secondo i due poli paradigmatici.

Ma anche le metafore menzionate in precedenza elaborano l’idea del formatore. La metafora della cura suggerisce un’asimmetria tra utente e formatore (asimmetria che un partecipante ha discusso esplicitamente); e tematizza peraltro anche la nozione di “organizzazione”. Le metafore spaziali invece lasciano il tema nell’implicito; con ciò, benché non siano d’impedimento, rischiano anche di agire in modo conservatore: non discutendo il tema avvallerebbero lo status quo dell’asimmetria.

Trovo molto creative le metafore neoplatoniche: in uno dei casi raccolti, la scultura Freedom di Zenos Frudakis, è l’apprendente stesso a emergere in auto-nomia; inoltre sono spesso rielaborate con metafore relazionali, le principali appunto nella costruzione dell’idea di “formatore”.

Da ultimo, le metafore di attività e di consuetudine e le attività (e quelle di manipolazione) svolgono un importante ruolo, poiché integrano in maniera puntuale il lavoro concettuale collettivo delle altre metafore.

Sono sicuramente sfuggite agli appunti alcune espressioni metaforiche. Ciò che conta però è guardare e osservare, per riconoscere le aree metaforiche, i loro intrecci e la loro produttività concettuale: e quindi discutere le metafore per riflettere su “formazione”, “formatore”, “utenti”, “organizzazione”, “tecnologia”.

Liberare la formazione è un’esigenza diffusa

contributo di Antonello Calvaruso, Presidente Nazionale Associazione Italiana Formatori

Da quando abbiamo scelto il titolo del nostro XXVII Convegno Nazionale, “Liberare la formazione”, molti mi hanno chiesto: liberarla da cosa? Il più delle volte ho risposto dalle vecchie metodologie, dagli slogan della moda, dal raggiungimento di obiettivi a breve, e così via.
Oggi, mentre penso quest’articolo, mi trovo alla seduta di laurea di mia nipote. Sono in un antico complesso medievale, in un’Aula Magna composta da una trentina di file di poltrone, stile cinema di prima visione, e un grande tavolo in legno a massello dove siedono dodici professoresse e professori. La prima fila è occupata da ragazze in tailleur e ragazzi in giacca e cravatta. Hanno tutti il volto tirato e tra le mani stringono tesi rilegate in similpelle colore bordeaux o blu. Continua a leggere Liberare la formazione è un’esigenza diffusa

Lezioni pasoliniane

contributo di Sergio Di Giorgi

Tra pochi giorni, come è noto, ricorre il quarantennale della morte di Pier Paolo Pasolini. Una ‘morte violenta’, un barbaro e a tutt’oggi ancora oscuro omicidio.

A Milano, all’interno di una bella mostra in corso (fino al 15 novembre)  alla Fondazione Forma (“La vera Italia? Due inchieste di Pier Paolo Pasolini. La lunga strada di sabbia – Comizi d’amore, foto di Mario Dondero, Angelo Novi, Philippe Séclier) viene proiettato il cortometraggio di Maurizio Ponzi Pier Paolo Pasolini. Appunti per un critofilm  (1966). Nel filmato, il grande poeta, romanziere e cineasta chiarisce in modo assai semplice la differenza tra un cinema “di prosa” e un cinema “di poesia”:  in questo si “sente sempre” la macchina da presa, come in Godard, per il primo  c’è John Ford; il cinema, conclude, non è roba solo per romanzieri, ma anche per poeti. Continua a leggere Lezioni pasoliniane

Liberare il nostro apprendere

Contributo di Francesco Varanini

Liberare la formazione: non più forme ridotte a formule, non più scaffali contenenti oggetti già stabiliti, ma invece il plastico formarsi -‘prendere forma’- della ‘materia della conoscenza’. Immersi in contesti multiculturali, multietnici; spinti dal procedere della scienza, dalla continua innovazione tecnologica, dal mutamento degli scenari politici, dalle evoluzioni del mercato, dobbiamo reinventare quotidianamente i modi tramite i quali costruiamo e condividiamo conoscenze. Dobbiamo costantemente liberare la formazione dalle forme che essa ha assunto, per cercare forme adatte a nuove esigenze, adeguate a nuovi contesti.

Dobbiamo sceglierci i maestri e apprendere ad apprendere da soli. Continua a leggere Liberare il nostro apprendere

Ripensare la formazione

contributo di Francesco Varanini

Viviamo momenti difficili. Ci appare ovvio dire che senza formazione non potremo uscire dalle pastoie presenti; non potremo costruire il futuro. Ma viene anche da chiedersi che senso abbia investire oggi in formazione, in un’epoca in cui sempre più frequentemente le persone al lavoro sono viste non come un investimento, ma all’opposto come un costo da minimizzare. C’è da capire, anche, come può e deve essere la formazione in un quadro socioeconomico dove la produzione passa troppo spesso in secondo piano di fronte alla speculazione finanziaria. Continua a leggere Ripensare la formazione

Liberare la formazione. Per formare alla libertà.

contributo di Francesco Varanini

Guardiamo alla ‘formazione’ che desideriamo per noi, e alla formazione che offriamo agli altri -sia stando dentro un ruolo professionale, intesa come attività remunerata, sia in spirito di gratuità e di dono.

Guardiamo ai mezzi, agli strumenti, ai luoghi e alle istituzioni tramite i quali si esplica ogni quell’insieme di attività che chiamiamo ‘formazione’.

Possiamo in generale dire che ci compete liberare la formazione dalle angustie nella quale è costretta. Continua a leggere Liberare la formazione. Per formare alla libertà.