Il Cinema per liberare e liberarsi

contributo di Dario D’Incerti

In questo ultimo periodo della mia attività professionale ho cercato soprattutto di mettere in luce uno dei paradossi della contemporaneità, che vede una sovrabbondanza di informazione a cui non si accompagna però un aumento di conoscenza altrettanto significativo; quello che viene spesso a mancare è la capacità di dare senso alle cose e alle esperienze.
La società in cui siamo immersi e in cui agiamo e operiamo prende sempre di più la forma di una “messa in scena”, di una “rappresentazione” da cui la realtà sembra quasi voler fuggire (come già anticipava profeticamente Guy Debord quasi cinquant’anni fa). Per emergere da questo magma indistinto, si finisce per ricorrere a forme sempre più estreme di spettacolarizzazione. Ed esporsi a una qualsiasi forma di spettacolo ha già di per sé una valenza formativa. Per me, quindi, liberare la formazione ha il significato di mettere se stessi e – possibilmente – aiutare gli altri a mettersi nella condizione di non subire troppo passivamente il flusso soverchiante di stimoli che il mediascape contemporaneo ci scaraventa addosso quotidianamente. Il contrario della libertà è la schiavitù e la schiavitù è figlia dell’ignoranza, perché quanto più siamo ignoranti tanto più siamo schiavi (di false credenze, di bufale giornalistiche, di guru mediatici, di leader improbabili, di superstizioni parareligiose, eccetera). Il percorso da compiere per uscire da questa situazione di minorità è però tutt’altro che semplice. Richiede infatti una vera e propria alfabetizzazione rispetto ai linguaggi che oggi imperversano e che non sono più solo quelli tradizionali della parola scritta o della “bella forma” ma sono linguaggi iconici, sonori, sono pratiche “basse” (come sono state spesso considerate il cinema, la televisione, il fumetto, la pop music…) che si intrecciano tra di loro in un viluppo inestricabile. Da questo punto di vista, il cinema, condensando in sé molti di questi elementi, può essere un terreno davvero favorevole,  un “campo pratica” tra i più densi di suggestioni e di possibilità.